venerdì 30 marzo 2012

Lo tsunami che ci aspetta

di Fabrizio Tringali

Ringrazio Gisella che mi ha mandato la notizia che leggete cliccando qui.
Quelle poche righe ci dicono moltissime cose.
In primo luogo, esse sono l'ennesima prova che la presunta "guerra" dollaro-euro semplicemente non ha senso. 
Con buona pace di quanti difendono l'Euro perché si illudono che prima o poi possa svolgere un ruolo di contrasto al dollaro, il mondo semplicemente guarda da altre parti, e si libera dell'uno e dell'altro.
In secondo luogo l'articolo mostra l'irritazione dei Paesi BRICS nei confronti di un occidente che inonda le banche con denaro a costo bassissimo.

mercoledì 28 marzo 2012

Conferme siriane

Dopo la risoluzione del Consiglio di Sicurezza, gli USA danno ulteriori dimostrazioni della loro volontà di evitare qualsiasi regime change a Damasco. Il sostegno al salomonico "Piano Annan", l'assoluta intesa con la Russia, e le parole ambigue sulle presunte responsabilità delle opposizioni siriane non sono che conferme dell'atteggiamento finora assunto da Washington. Un atteggiamento completamente diverso, anzi opposto, a quello tenuto con la Libia (e in quel caso la Russia acconsentì ai bombardamenti). Con buona pace di chi ancor oggi strepita "domani gli USA attaccheranno la Siria!" 

E intanto i siriani continuano a morire (chi ha lo stomaco forte può provare a guardare qui) (C.M.)

p.s. colgo l'occasione di segnalare questo documento. è un'importante presa di posizone dei gesuiti di Homs, in totale controtendenza con la propaganda che vuole un Assad difensore dei cristiani contro l'opposizione fondamentalista, propaganda peraltro alimentata ad arte dal Vaticano. 

martedì 27 marzo 2012

Qualcosa si muove


Sul Corriere della Sera di lunedì scorso Francesco Storace, leader de “La Destra”, dichiara che “la sovranità deve tornare agli Stati”, propone un referendum per chiedere agli italiani se sono d'accordo con le misure decise dall'UE, e alla domanda su cosa resta di quell'idea di “Europa-nazione”, a cui una parte della destra radicale si è rifatta in passato, risponde che si trattava di un'utopia. Dall'altra parte Marco Rizzo, leader dei “Comunisti-Sinistra Popolare”, da tempo si dichiara a favore dell'uscita dell'Italia dall'UE.

lunedì 26 marzo 2012

La baby-sitter dell'INPS

di Fabrizio Tringali

La riforma del lavoro contiene anche altre norme oltre a quelle che riguardano l'articolo 18 e i licenziamenti facili.
Alcune di esse vengono spacciate come provvedimenti "a favore delle donne" e indirizzate a "conciliare vita familiare e lavoro".

Una delle proposte del governo, rispetto alla quale nessun sindacato ha finora opposto rifiuto, mostra come le proposte presentate come favorevoli ai lavoratori siano in realtà non solo del tutto funzionali alle esigenze delle imprese, ma addirittura capaci di risvolti agghiaccianti per la vita delle lavoratrici e dei lavoratori. Eccola qua: "voucher per servizi di baby-sitting".
In base a questa norma, i genitori lavoratori possono decidere di non usufruire della maternità/paternità facoltativa, che consente di avere a disposizione 10 mesi per stare insieme al neonato, ed in cambio ottenere dei voucher con cui pagare servizi di baby-sitting erogati dall'INPS.

Non vi è dubbio sul fatto che l'istituto della maternità/paternità facoltativa presenti problemi: infatti coloro che ne usufruiscono, percepiscono dall'INPS solo il 30% del loro stipendio (e solo fino al compimento del terzo anno del figlio, dopo non percepiscono più nulla).
Con la proposta del governo, però, non si favorisce un accoglimento più umano del nuovo nascituro (cosa che si sarebbe potuta ottenere alzando la soglia di stipendio versato dall'INPS almeno al 50%), bensì si incentiva solo ed esclusivamente il rientro al lavoro del genitore lavoratore una volta terminato il periodo di assenza per maternità obbligatoria (3 mesi dopo la nascita), nonostante sia chiaro a chiunque che 3 mesi di vita sono un'età troppo precoce perché il bimbo non veda più i genitori, per tutto il giorno, e resti con una persona estranea.

Ma come possono le organizzazioni che dovrebbero rappresentare le lavoratrici ed i lavoratori, accettare una norma del genere? Si tratta chiaramente di un provvedimento favorevole alle aziende, che ottengono il rientro al lavoro del genitore, e scaricano i costi sul settore pubblico. I lavoratori invece, ottengono di essere privati della possibilità di poter restare, almeno un po', con i proprio figli.
Questa è la classica elemosina vergognosa e disumana destinata a chi non è ricco.
Chi non sarà abbastanza "ricco" da potersi almeno permettere di percepire, per diversi mesi, solo il 30% dello stipendio, sarà costretto a far crescere i figli neonati dalla baby-sitter dell'INPS.

Associazione "Riconquistare la Sovranità"

Segnaliamo con piacere la nascita dell'associazione "Riconquistare la Sovranità". 
Di fronte ai diktat delle istituzioni europee, e ad una Unione Europea definitivamente piegata agli interessi dei ceti dominanti, questa nuova associazione si pone l'obiettivo di promuovere la consapevolezza della necessità del recupero di sovranità nazionale da parte del nostro Paese.

Sul sito http://www.appelloalpopolo.it potete trovare la prima parte del Documento di analisi e proposte dell'associazione: il paragrafo numero 1: "Premessa"; e il paragrafo numero 2: "L'insanabile contrasto
tra Costituzione della Repubblica Italiana e Trattati dell'Unione Europea". 

Presto saranno pubblicati i paragrafi successivi.

domenica 25 marzo 2012

Un libro di Jacques Sapir

Jacques Sapir, Faut-il sortir de l'euro?, Seuil, 2012.

Iniziamo con questo post a pubblicare recensioni di libri. Parleremo ovviamente di libri collegati ai temi in discussione nel blog. Non ci occuperemo solo di novità, ma anche di testi usciti da qualche tempo, se ci sembrerà di trovare in essi qualcosa di rilevante per le nostre discussioni.
Oggi parliamo di un interessante libro di Jacques Sapir, economista francese (si può vedere la sua pagina sul sito dell'EHESS).

sabato 24 marzo 2012

L'ombrello di Napolitano sui licenziamenti facili

di Marino Badiale e Fabrizio Tringali

In questi giorni il Presidente Napolitano sta intervendo pesantemente nel confronto fra le parti sociali sulla cosiddetta "riforma del lavoro", cioè sulla distruzione definitiva dei diritti dei lavoratori italiani. 
Questi interventi si sommano a tutto il lavoro svolto da Napolitano per la caduta del governo Berlusconi e l'istaurazione del governo Monti, cioè del protettorato UE sull'Italia, che deve portare a compimento la macelleria sociale chiesta dai ceti dirigenti italiani ed europei. 

Il ruolo svolto da Napolitano è del tutto anomalo rispetto alla sua figura istituzionale: il Presidente della Repubblica è figura di garanzia, che non deve intervenire nella lotta politica, e per questo, e solo per questo, ha diritto ad essere tenuto al di fuori delle polemiche politiche.
Ma se il Presidente si schiera politicamente, e addirittura interviene in una trattativa sui diritti sindacali, dà pieno diritto a qualsiasi cittadino di ricordargli che egli non deve abusare della sua carica, tantomeno mettendo il becco sullo Statuto dei Lavoratori
Con l'insieme della sua azione di questi mesi, Napolitano mostra di essere il principale riferimento di quei ceti dirigenti, italiani ed internazionali, che hanno ormai deciso la definitiva distruzione nel nostro paese del patto sociale europeo, portandoci così dritti verso la regressione sociale, l'impoverimento diffuso, la barbarie collettiva.
Napolitano piega il suo ruolo istituzionale agli interessi dei ceti dominanti. Ha agito ed agisce come rappresentante di una parte politica, quella nemica del nostro paese e del nostro popolo. 

giovedì 22 marzo 2012

Vittoria di Assad al Consiglio di Sicurezza

di Claudio Martini

Ecco il testo completo della risoluzione votato mercoledì 21 marzo dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu sui fatti siriani. In esso non si fa praticamente alcun cenno alle responsabilità del regime, e si auspica che le violenze cessino al più presto e si avvii una transizione negoziata alla democrazia. Leggere per credere. Naturalmente qualsiasi ipotesi di dialogo tra le parti è destinata a cadere, come del resto ha chiarito lo stesso Assad.

Questa risoluzione "all'acqua di rose", che rappresenta un'autentico schiaffo alla memoria delle vittime (più di novemila) del regime siriano, ha almeno il merito di liquidare l'allarmismo attorno ad un possibile attacco militare contro Damasco. Tale attacco militare non è mai stato nei piani della NATO, e non tanto per l'opposizione di Russia e Cina: è noto che gli USA non hanno bisogno dell'avallo ONU per fare la guerra. L'evidenza dei fatti ci dice che i dirigenti americani non hanno mai avuto intenzione di promuovere un regime change in Siria. Da quando la Clinton definì Assad un "riformatore", oppure da quando si è opposta a che le opposizioni siriane ricevessero armamenti, fino alla recente interferenza con le mosse turche, il comportamento del Dipartimento di Stato è stato chiaro e inequivocabile.
In realtà è probabile che tra Damasco e Washington vi siano numerose e sotteranee collaborazioni, risalenti almeno alla partecipazione della Siria alla Guerra del Golfo. Assad può sterminare anche 20000 siriani: il suo regime non ha nulla da temere dall'Occidente. Di fronte alle trame geopolitiche la pietà per le vittime innocenti è un ben povero argomento.

N.B. Sia l'autore dell'articolo sia i collaboratori del blog sono assolutamente contrari a qualsiasi intervento militare "umanitario", per le ragioni esposte qui.


N.B. 2 Sono debitore di gran parte delle informazioni contenute in quest'articolo dell'ottimo sito http://www.uruknet.info/. Se ne consiglia la consultazione a chi è in cerca di notizie sul Medio Oriente.

Aggiornamento a "Flirt con il Grande Satana"

Importante intervista rilasciata dal fratello maggiore di Ali Larijani, presidente del Parlamento iraniano e pezzo importante del regime a Christine Amanpour di ABC. In essa si parla di un "grande baratto" tra gli USA e l'Iran: da un parte quest'ultimo rinuncia alle sue ambizioni nucleari, dall'altra gli USA garantirebbero una graduale normalizzazione dei rapporti tra i due paesi.

mercoledì 21 marzo 2012

L'Europa dei popoli? No, l'Europa dei licenziamenti

di Marino Badiale e Fabrizio Tringali

L'Unione Europea non ha atteso un minuto per applaudire la riforma del lavoro Monti-Fornero.
Cambiare l'articolo 18 ha un solo, semplice, significato: permettere alle aziende di licenziare chiunque, come e quando vogliono.
Se viene meno la certezza del reintegro in caso di licenziamento senza giusta causa, tutti i lavoratori italiani si ritroveranno sulla testa la spada di Damocle di un possibile licenziamento discriminatorio, che ovviamente le aziende camufferanno  adducendo motivazioni economiche o disciplinari.
Le lavoratrici e i lavoratori che difenderanno i loro diritti (tempi umani e organizzazione del lavoro rispettosa delle esigenze personali, salari adeguati, la possibilità di avere figli, la tranquillità di non rischiare la vita sul lavoro), e non accetteranno di piegare la propria vita alle esigenze della produzione, potranno essere facilmente espulsi dal mondo del lavoro.
E nel caso potranno adire le vie legali
, se ne avranno la forza morale ed economica, e dovranno attendere l'esito definitivo di infiniti processi, senza nemmeno la certezza di poter ottenere il reintegro in caso di licenziamento per ingiusta causa.

Questo è ciò che vuole l'Unione Europea, questo è ciò che realizza il governo Monti, “salvatore dell'Euro”. Nel frattempo prosegue l'attacco a quel che resta della democrazia da parte dei ceti dominanti europei. Dopo aver sottratto la politica economica ai parlamenti nazionali con il "fiscal compact", è in discussione "la possibilità di intervento politico dell'UE sui governi nazionali in caso di emergenza per la stabilità dell'euro".

Cioè quando le proteste popolari di fronte agli effetti dell'austerità imposta dall'UE dovessero indurre qualche parlamento nazionale a “deviare dalla retta via”....

martedì 20 marzo 2012

L'Europa è una passione triste

Il testo che segue è una anticipazione di un articolo di Marino Badiale e Fabrizio Tringali attualmente in lavorazione. In queste righe Badiale sottolinea la differenza fra "Europa" ed "Unione Europea", e illustra come spesso, soprattutto nella sinistra italiana, si confonda la prima con la seconda. Il desiderio di "un'altra Europa" o di una "Europa dei popoli" tanto spesso declamato non è altro che uno slogan vuoto, espressione di una cieca passione verso forme politiche del tutto funzionali agli interessi dei ceti dominanti. (F.T.) 

domenica 18 marzo 2012

Scegliere: o l'Euro o i diritti sindacali

di Fabrizio Tringali

Per prima cosa voglio ringraziare Alberto Bagnai, che ha dato notizia dell'apertura di questo blog.
I suoi post sono di grandissima utilità per capire il senso politico dell'unione monetaria europea. Una vera miniera di informazioni, che mette in luce, per esempio, come l'Euro sia contemporaneamente il responsabile diretto dell'aggressione ai diritti dei lavoratori, e l'efficace paravento che il ceto politico-finanziario può utilizzare per far passare “riforme” che altrimenti sarebbe difficile, se non impossibile, imporre.

Ogni tanto mi capita di parlare in pubblico di queste cose, ed una delle domande ricorrenti è la seguente: “La cosiddetta riforma del mercato del lavoro (i licenziamenti facili, le deroghe alle tutele stabilite dai Contratti Nazionali etc..) viene motivata dal fatto che occorre aumentare la competitività del nostro Paese, ed è fortemente sponsorizzata dalla BCE e dalla Commissione Europea (leggi: Francia e soprattutto Germania). Questi sono fatti noti. Ma perché la Germania spinge per una maggiore competitività dell'Italia? Non sarebbe uno svantaggio per lei?”

sabato 17 marzo 2012

Quando i conservatori sono più lucidi dei "progressisti"

Proponiamo un confronto tra un un intervento dI Galli della Loggia e la risposta di Cinzia Sciuto.
Mentre l'editorialista del Corriere individua con chiarezza il nesso tra la democrazia come l'abbiamo conosciuta e la forma storica dello Stato Nazione, come peraltro già indicato da economisti del calibro di Dani Rodrik, l'articolista di Micromega non sembra saper rispondere che con il repertorio classico del senso comune "di sinistra". In particolare suona piuttosto stucchevole il vecchio argomento contro le "piccole patrie", lasciando intendere che l'Italia fuori dalla UE si ridurebbe ad una piccola, povera e marginale contrada del mondo globalizzato. Per constatare la scarsa solidità dell'argomento è sufficiente leggere quanto di solito scrivono autori della medesima tendenza riguardo allo Stato di Israele: un paese senz'altro di dimensioni ridotte,marcatamente connotato dal punto di vista etnico-religioso e pervaso da un forte senso di appartenenza identitaria; un candidato perfetto per il ruolo di "piccola patria", dunque, incapace di esercitare un qualsiasi ruolo nello scenario internazionale .
Eppure a nessuno verrebbe in mente di definirlo così, men che meno alla redazione di Micromega.

Un'altra dimostrazione della sostanziale inautenticità delle parole d'ordine relativi alla costruzione di un ordine sovranazionale e di una democrazia europea può essere ottenuta per paradosso.
Immaginiamo cosa accadrebbe i difensori dell'unità europea e della fine degli Stati Nazionali si dovessero confrontare con l'idea di federare il nostro paese con l'Albania o la Tunisia. Non ci vuole molta immaginazione per pensare che tutti i discorsi sull'attualità del "demos", sulla necessaria omogeneità tra le popolazioni, sul valore delle frontiere nazionali riemergerebbero.
Tuttavia da qualsiasi lato la si guardi, storico-economico-geografico-culturale, la questione non lascia dubbi: quei due paesi ci sono assai più vicini di quanto non lo siano la Finlandia o Lussemburgo. Insomma, le speranze riposte in una Federazione Europea, o addirittura in una Federazione Mondiale, in realtà denotano solo il desiderio di appartenere ad un club esclusivo di paesi "civili". Certo cosmopolitismo sembra adombrare un velato razzismo...(C.M.)

giovedì 15 marzo 2012

Flirt con il Grande Satana

Che succede in Iran? è ormai assodata la presenza di uno scontro al vertice della Repubblica Islamica tra la Guida Suprema Khamenei e il Presidente Ahmadinejad. Ma come sempre è difficile dipanare la matassa dei fatti per capire esattamente come stanno le cose. Una chiave interpretativa potrebbe essere trovata nell'intento di Khamenei di normalizzare i rapporti con gli USA (ci sono segni eloquenti in tal senso); di qui la necessità di liberarsi di un presidente troppo compromesso con la propaganda anti-USA e anti-Israele (quando non antisemita), anche alla luce delle recenti sanzioni inflitte all'Iran per via del suo programma nucleare. Un articolo della CNN cerca di fare chiarezza su queste ipotesi di "riavvicinamento" tra Washington e Tehran, ipotesi peraltro avvalorate da una fonte autorevole. (C.M.)

Ancora su destra e sinistra


di Marino Badiale 

Può essere utile spendere ancora qualche parola sul problema delle categorie di destra e sinistra e sul loro esaurimento nel mondo occidentale. Un certo numero di studiosi da tempo sostiene che questo esaurimento è ormai un fatto compiuto, e che si rendono necessarie nuove categorizzazioni, per comprendere il mondo contemporaneo e agire in esso. Chi scrive lo ha affermato in vari luoghi, e in particolare ne “La sinistra rivelata” (Massari 2007) e in “Bisogna finire, bisogna cominciare” (entrambi scritti assieme a Massimo Bontempelli). 

Le tesi ivi sostenute, in estrema sintesi, sono le seguenti:

mercoledì 14 marzo 2012

Perché apriamo il blog main-stream.it


Questo blog nasce dall'esigenza di una riflessione sulle crisi che stiamo vivendo.
Non si tratta infatti di una semplice, per quanto dura, crisi economica, o di un prolungato momento di recessione, ma dell'esaurimento della fase storica che copre gli ultimi trent'anni, e che, con parole imprecise ma ormai entrate nell'uso, si è soliti chiamare “globalizzazione” e “neoliberismo”.


A questa crisi, che è insieme economica, politica, sociale, ideologica, si sovrappone l'incipiente crisi ecologica. Non sappiamo se queste crisi rappresentino la “fine del capitalismo”. Probabilmente no. Ci sembra chiaro però che esse determinano la fine delle potenzialità emancipatorie che, pur fra mille contraddizioni, il capitalismo ha mantenuto negli ultimi due secoli. 
In Europa assistiamo ad una svolta storica cruciale, che si concretizza nel tentativo, da parte dei ceti dirigenti, di usare la crisi economica come strumento per la cancellazione di tutto ciò che i ceti medi e popolari hanno ottenuto nei trent'anni seguiti alla fine della Seconda Guerra Mondiale: diritti, beni comuni, welfare.
Se il capitalismo sopravviverà a queste crisi lo farà in forme regressive e disumane, cancellando anche quella forma di democrazia parziale e limitata che conosciamo con il nome di "democrazia rappresentativa".


È dunque urgente superare il capitalismo e pensare nuovi modi di organizzare la società umana.
In questo blog discuteremo di tutto ciò. In particolare parleremo della proposta della “decrescita”, che ci sembra un'idea promettente nella direzione di un superamento dell'attuale organizzazione sociale, e propedeutica alla costruzione di una democrazia autenticamente partecipativa.
In una prima fase parleremo però, soprattutto, di “Euro” e di Unione Europea, perché questo è il tema dominante nella situazione politico-economica odierna.
Raccoglieremo documenti e commenti capaci di spiegare i motivi per cui condizione necessaria (ma non sufficiente) per la salvezza di quel che resta di civiltà sociale del nostro paese sia l'abbandono della moneta unica e dell'Unione Europea.
Ma non ci limiteremo ai fatti nostrani ed europei. Una proposta di alternativa allo stato di cose presenti per l'Italia deve necessariamente includere anche una visione coerente della situazione internazionale. Pertanto alzeremo lo sguardo sulle dinamiche globali, a partire dalle attuali tensioni seguenti alla cosiddetta “primavera araba” e che ora sembrano coinvolgere la Siria e l'Iran.


Abbiamo scelto il nome “Mainstream” perché attingeremo prevalentemente, ma non esclusivamente, a fonti d'informazione più o meno “ufficiali”. 
Questo perché  i fatti davvero rilevanti spesso non sono taciuti, ma nascosti dentro contenitori “informativi” che li rendono quasi introvabili, o incomprensibili.
Il nostro intento è cercare di farli emergere e fornire una chiave di lettura capace di spiegare le ragioni delle crisi profonde che stiamo vivendo, al fine di provare, insieme, a mettere a fuoco possibili vie di uscita.


Marino Badiale
Claudio Martini
Fabrizio Tringali



P.s. Per quanto riguarda i commenti, essi non sono moderati. Saranno ovviamente tolti tutti i commenti offensivi nei confronti di chiunque. 
I curatori di questo blog sono persone che, come capita di frequente in questi tempi frettolosi, hanno molti interessi e poco tempo. Non riusciremo quindi a rispondere ai commenti. Chi sia interessato a contattarci per una discussione meno episodica di quella che si può fare nei commenti, può scriverci clicando qui.





mercoledì 7 marzo 2012

La recessione non è decrescita


di Marino Badiale
Nella sezione «I malintesi» del suo ultimo libro («Per un’abbondanza frugale», Bollati Boringhieri 2012) Serge Latouche cerca di dissipare la ricorrente confusione fra la nozione di decrescita e quella di recessione. Nonostante le parole molto chiare dette a questo proposito dai teorici della decrescita, tale confusione persiste, sia fra gli avversari sia fra quelli che Latouche, nel testo citato, chiama i «simpatizzanti mal informati».

Si può uscire dalla crisi dell'Eurozona?


di Fabrizio Tringali [1]
Cari lettori, oramai è tutto chiaro:
1) Per salvare l'Euro è necessario ridurre il gap di competitività fra i Peasi dell'eurozona, allineandosi alla Germania [2].
2) Non potendo svalutare la propria moneta, per recuperare competitività i Paesi con le economie più deboli devono necessariamente ripetere quanto ha già fatto la Germania nel decennio passato: aumentare la produttività e contemporaneamente abbassare i salari reali [3].

martedì 6 marzo 2012

Europa, la falsa amica


di Claudio Martini.
Sono ormai diversi mesi che un nutrito gruppo di intellettuali, tra cui l'economista Alberto Bagnai, il filosofo Costanzo Preve, il giornalista Paolo Barnard, il gruppo di Rivoluzione Democratica e quello di Rivista Indipendenza, nonché ovviamente i compagni di Alternativa Marino Badiale, Fabrizio Tringali e Stefano D'Andrea, insistono con forza sulla necessità vitale che l'Italia rompa i rapporti con L'Unione Europea.