lunedì 9 aprile 2012

E se lo dice il NYT

Il Mainstream non condivide l'ottimismo del Governo Monti sulle sorti dell'economia italiana (ed europea). Questo articolo del New York Times uscito domenica 8 aprile dovrebbe metterci tutti in guardia, mettendo in chiaro che quella in cui ci trasciniamo da qualche mese non è che una tregua nella crisi dell'Euro (nel senso di cagionata dall'Euro). In particolare Liz Alderman lascia intendere come il LTRO della BCE, lungi dal risolvere i guai europei, non faccia che aggravarli, allontanando le possibili soluzioni. Pezo el tacòn del buso.
Ecco una sommaria traduzione dell'articolo. Chi volesse consultare l'originale non ha che da cliccare qui.
(C.M.)


Di LIZ ALDERMAN

PARIGI —Fino a pochi mesi fa le banche di tutto il mondo si affannavano per liberarsi di grandi quantità di titoli pubblici europei, trasformatisi in titoli "tossici" dopo lo scoppio della crisi dei debiti sovrani.




La febbre da allora si è abbassata, ma l'allarme sta di nuovo suonando in Spagna e Italia-i due paesi considerati più a rischio- a causa della tendenza delle banche locali ad acquistare titoli dei propri debiti pubblici.


Nuovi dati dimostrano come la banche italiane e spagnole abbiano acquistato quantità record di debito in seguito al maxi-prestito della BCE, accordato alle istituzioni finanziarie ad un tasso d'interesse particolarmente basso nella speranza che le banche avrebbero usato qui soldi per acquistare titoli di stato. All'epoca il costo del servizio del debito stava raggiungendo il livello che aveva messo alle corde la Grecia.


Tra Novembre e Febbraio la BCE ha dato in prestito a più di 800 banche europee circa 1000 miliardi di euro, ossia 1310 miliardi di dollari. Contemporaneamente le banche spagnole e italiane hanno aumentato la loro quota di titoli di stato rispettivamente di 68 e 54 miliardi di euro.


Questi acquisti hanno sì abbattuto i tassi di interesse sui debiti pubblici, permettendo alla Spagna e all'Italia di evitare una richiesta di aiuto finanziario come ha fatto la Grecia, ma hanno legato la "salute" delle banche a quella degli stati.


Questo fatto ha richiamato l'attenzione degli analisti. La scorsa settimana diverse banche, tra cui Société Générale, Barclays and Credit Suisse, hanno espresso la loro preoccupazione. In una nota ai cuoi clienti, Société Générale ha scritto che "si è accresciuta la connessione tra i rischi di insolvenza delle banche e quelli degli stati". Mentre la Spagna e l'Italia sono alle prese con la recessione, fra tagli alla spesa e aumento della pressione fiscale per far calare il deficit, "un'ulteriore deterioramento dei fondamentali economici sarebbe particolarmente rischiosa, ora che le banche hanno aumentato la loro esposizione creditoria" dice la nota.

La Spagna è stata la più veloce a uscire dall'occhio del ciclone, ma con una disoccupazione al 24% (e al 50,5 fra i giovani) il governo di Mariano Rajoy deve affrontare, dopo i drastici tagli al bilancio, la seconda profonda recessione nel giro di tre anni.


Allo stesso tempo le banche continuano a non fare credito all'economia reale.

"le banche prestano denaro agli stati, ma non alle imprese" c'è scritto in una nota diffusa dalla Credit Suisse. Le banche spagnole sono già gravate da molti mutui "tossici" dopo l'esplosione della bolla immobiliare.


Nei bilanci delle banche spagnole e italiane  la quota riservata ai titoli di stato è passata dal 8% al 7 e 6% rispettivamente, ma la situazione potrebbe comunque diventare pericolosa se gli investitori si convincessero che la crisi potrebbe ritornare.


Laurent Fransolet, responsabile degli investimenti a rendimento fisso di Barclays Capital, ha dichiarato che "l'umore" degli investitori si è fatto più incerto e potrebbe peggiorare rapidamente. Afferma che i mercati stanno abbandonando l'ottimismo degli ultimi due mesi, e il sentimento diffuso volge di nuovo al pessimismo.

Le condizioni della zona euro non sono quelle di qualche mese. Il premier Mario Monti ha acquietato i mercati con un piano di austerità di oltre 30 miliardi di euro. Alcuni economisti si aspettano che l'intera zona euro entri in una recessione meno grave di quella che molti temevano, specie ora che l'economia USA dà segni di ripresa.


Lo scorso mese Ben Bernanke e Timothy Geithner hanno dichiarato di fronte al Congresso che le economie europee al centro della crisi hanno fatto significativi passi avanti.


Ma gli analisti sostengono che i governi dovrebbero cercare di convincere gli investitori che le misure adottare per rafforzare la moneta unica, e per migliorare la competitività e la stabilità dei conti sono davvero quelle giuste.

Wall Street e le borse europee sono calate nell'ultima settimana, fra i rinnovati timori di un'altra crisi del debito, a causa delle difficoltà della Spagna a trovare acquirenti per i suoi titoli decennali. La preoccupazione che nuovi tagli potrebbero infiacchire l'economia spagnola ha portato i rendimenti dei bonos al 5,74%. In gennaio il tasso era del 4,6%, ma c'erano le banche a usare i soldi della BCE.


Queste banche banche non continueranno a comprare titoli di stato nella stessa quantità quando il programma di finanziamento della BCE sarà esaurito. La Federal Reserve e la Banca d'Inghilterra, le quali hanno entrambe inondato di denaro i propri mercati per stabilizzare gli effetti della crisi europea, stanno tentando di allontanare le istituzione finanziarie da quei fondi.


Nel frattempo gli investitori stranieri (il governo cinese o banche di altri paesi) si tengono lontani dai debiti pubblici spagnoli e italiani. Le stesse banche francesi e tedesche comprano pochi titoli. Entrambi paesi hanno già piazzato la maggior parte dei propri bonds, ma la domanda è chi acquisterà il resto.

Altri episodi come la sfortunata asta dei titoli spagnoli potrebbero portare i rendimenti ancora più in alto, anche se forse non raggiungeranno il 6,7% toccato dalla Spagna all'apice della crisi.


Se dovesse succedere i problemi non tarderebbero a rovesciarsi sulle banche italiane e spagnole, ma anche sull'intero settore finanziario europeo visto che anche le banche che si sono sbarazzate di titoli pubblici del valore di miliardi di euro ne detengono ancora qualcuno.


"Veramente preoccupante" così definisce la concentrazione di titoli di debito nelle banche spagnole e italiane Michelle Bradley, analista londinese della Credit Suisse. "non abbiamo che da guardare alla Grecia per vedere le conseguenze".


In Grecia le banche erano relativamente solide e non soffrivano degli stessi problemi di quelle di paesi come l'Irlanda, dove la bolla speculativa e l'insolvenza di massa hanno messo in ginocchio il settore finanziario e l'economia nazionale. Ma il continuo annaspare del governo greco tra l'economia in recessione e i negoziati sul "salvataggio" finanziario da parte degli altri paesi europeo hanno sgretolato la credibilità dei titoli greci (e di chi li deteneva).

Per Bradley "In Grecia furono i guai del governo a scaricarsi sulle banche, più che il contrario"

E mentre il legame tra le sorti degli stati e quella delle banche aumenta, aumentano anche i timori. "la crisi ci ha insegnato quanto quel legame sia negativo" ha aggiunto Bradley.

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