domenica 1 aprile 2012

Storia di una sconfitta

di Claudio Martini

Introduzione 
Il processo di integrazione europea ha conosciuto nella sua più che cinquantennale storia momenti di accelerazione e battute d'arresto. Significativamente, le seconde spesso coincidono con dei referendum popolari. In questa sede non si possono dimenticare i referendum sulla Costituzione Europea francese, quello olandese e quello irlandese, nonché le consultazioni sull'entrata nell'Euro di Svezia e Danimarca
Naturalmente non è sempre andata così. Oggi vi voglio parlare di un evento storico tanto importante quanto dimenticato, un evento che vide per una volta prevalere in una consultazione popolare Bruxelles. Parliamo del referendum sulla permanenza nella Comunità Economica Europea tenuto nel Regno Unito nel 1975.

Antefatto 

Nel 1973 il Premier conservatore Edward Heath, lo stesso che guidava il governo di Londra all'epoca della "Domenica di Sangue" di Belfast (14 dimostranti irlandesi uccisi nel gennaio del 1972) firmò il trattato di adesione del Regno Unito alla CEE. Fino a poco tempo prima la Francia gollista si era risolutamente opposta all'ingresso dell'Inghilterra, ma al termine della carriera politica del Generale le posizioni si ammorbidirono; l'establishment britannico ne approfittò, e i conservatori si fecero alfieri dell'europeismo.
Di lì a poco si tennero nel paese le elezioni parlamentari. Sorvolando su quelle del febbraio del 1974, possiamo dire che le elezioni dell'ottobre dello stesso anno videro una netta affermazione dei laburisti guidati da Harold Wilson, che venne nominato Premier al posto di Heath.
Fra le promesse elettorali che garantirono ai laburisti la vittoria c'era anche quella di sottoporre al giudizio popolare il trattato di adesione alla Cee. Questa impostazione permetteva al Labour di riunire in una posizione comune le diverse anime del partito. I vertici infatti, e con essi lo stesso Wilson, erano favorevoli alla permanenza nel Mercato Comune, mentre la "base" e i rappresentanti dei sindacati erano perlopiù contrari. Demandare ai cittadini questa decisione rendeva più facile evitare esiti distruttivi del dibattito interno. E fu così che il 9 aprile 1975 i Comuni approvarono la proposta del governo di concedere il referendum, che si tenne il 5 giugno dello stesso anno. 

Il Referendum

Fra i laburisti l'esponente più in vista tra gli "euro-scettici" era il ministro del'industria Tony Benn. Proveniente dalla sinistra del Labour e vicino ai sindacati, Benn presagiva la fine che avrebbe fatto il suo dicastero se il Mercato Comune fosse stato pienamente implementato. Molti membri del partito temevano che le caratteristiche liberiste e privatizzatrici della CEE avrebbero finito per stravolgere l'economia britannica del tempo, improntata a un forte dirigismo e un grande potere negoziale delle organizzazioni dei lavoratori. Benn chiese e ottenne che fosse organizzata una consultazione interna al partito sul tema della campagna referendaria; mentre la sinistra interna voleva una decisa mobilitazione per il "NO" alla Cee, i vertici optavano perché il Labour rimanesse fuori dalla contesa. Ci fu un congresso e una votazione, nella quale la mozione anti-Cee ottenne un'ampia maggioranza fra i delegati; ma prima del congresso gli organi dirigenti del partito avevano adottato una regola secondo la quale soltanto una maggioranza dei due terzi avrebbe potuto costringere l'intero Labour a prendere posizione, e dato che la mozione di Benn, benché prevalente, non raggiungeva tale soglia, il congresso concluse i suoi lavori stabilendo che partito non avrebbe semplicemente partecipato alla campagna referendaria. 
Ciò non impedì ad Harold Wilson e al suo governo, tra cui spiccavano i ministri Roy Jenkins e James Callaghan, di schierarsi in maniera esplicita per il "SI" alla Cee. Si trovarono del resto in buona compagnia: la campagna pro-Cee annoverava tra i suoi sostenitori il Partito Conservatore, quello Liberale, l'equivalente britannico della Confindustria e praticamente tutti i media di diffusione nazionale. Secondo Alastair Mc Alpine, fra i coordinatori della campagna, il "SI" poteva avvantaggiarsi di molti fondi e donazioni da parte delle banche e delle grandi imprese, e il tema principale della propaganda pro-Cee era "descrivere gli "anti-mercato" come persone inaffidabili (..) gente pericolosa che ci avrebbe fatto imboccare un sentiero sbagliato (..) praticamente dei marxisti". La campagna si avvalse inoltre di sofisticati (almeno per l'epoca) spot televisivi, e conobbe strumenti innovativi come la consegna a domicilio, a spese del governo, di un piccolo pamphlet propagandistico (questa l'ho già sentita da qualche parte). Fra gli europeisti si fece notare per il suo entusiasmo una giovane e combattiva esponente dei conservatori: si chiamava Margaret Thatcher. Anni dopo Mc Alpine sarebbe diventato il suo tesoriere. 
Il fronte del "NO" poteva contare sul sostegno di un solo quotidiano nazionale (il Morning Star), su pochi mezzi economici e sull'aiuto dei sindacati e dei militanti del Partito Comunista dell Gran Bretagna. John Mills, coordinatore della campagna anti-Cee, commentò così il rapporto i forze tra i due contendenti: "loro avevano una Rolls Royce, e noi un laccio di scarpe". 
Non sorprendentemente questo impressionante divario portò ad una netta affermazione del "SI". In un contesto di bassa affluenza più del 67% dei cittadini votò per far rimanere il Regno Unito all'interno della Comunità. Gli europeisti avevano vinto. Harold Wilson accolse con grande favore il risultato, anche se questo non lo salvò dalla crisi di governo che l'anno seguente gli costò il posto del Premier.

Conclusione

Sappiamo cosa accadde di lì a qualche anno: Thatcher vinse le elezioni del '79 e impiegò tutte le sue forze nello smantellamento non solo dello stato sociale britannico, peraltro all'epoca uno dei più avanzati del mondo, ma della stessa struttura industriale britannica. Sostanzialmente è nelle scelte dei governi Thatcher che vanno cercate le fondamenta della moderna economia inglese, basata sui servizi e soprattutto sul ruolo di "Hub" finanziario globale ricoperto da Londra. Poniamoci ora una domanda: tutto questo sarebbe stato possibile senza l'ingresso del Regno Unito nella Cee e le sue nome vincolanti in materia economica e di concorrenza? Non è il referendum del '75 il primo evidente episodio di sconfitta del movimento operaio inglese, prodromica di ciò che avverrà negli anni '80? è noto che, almeno in Italia, a progetto di "unificazione" europea vengono facilmente associati connotati progressisti. A pochi verrebbe in mente di definire la UE un'idea di destra. Eppure forse sarebbe l'ora di aprire gli occhi. Il sindacalista Giorgio Cremaschi ha definito in un recente intervento Margaret Thatcher come il "capo di governo più di destra, più antisociale, più autoritario del dopoguerra britannico". Conosce Cremaschi il ruolo che ebbe lo stesso personaggio nel contribuire al successo dell'Europa? Qualcuno potrebbe chiedersi perché la sinistra britannica non ebbe esitazioni a schierasi per il "NO" quel giorno di giugno del '75,  pur sapendo di andare incontro ad una dolorosa sconfitta. Forse avevano semplicemente capito; capito che quello che chiamano con l'ingannevole espressione di "unità europea" è ed è sempre stata un nemico formidabile e irriducibile delle classi popolari europee, che per questo motivo è sempre stato sostenuto dalla classe capitalista, e che per questo stesso motivo dovrebbe essere combattuta da chi al capitalismo si oppone. 
Ecco, la mia piccola storia vorrebbe suscitare queste domande, e terminare con un'amara constatazione: la sinistra britannica, nel 1975, comprese chi era il nemico, lo combatté, e fu sconfitta; la sinistra italiana nel 2012 non comprende, non combatte, e finirà comunque sconfitta. Senza neanche l'onore delle armi. (C.M.)

P.S. Tutte, ma proprio tutte le informazioni contenute in questo articolo sono tratte da Wikipedia (versione inglese). Più mainstream di così.

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