venerdì 31 ottobre 2014

Convegno ad Attigliano

Domani pomeriggio parteciperò al IV Simposio di Studi Umanisti "Verso la scoperta dell'Umano", ad Attigliano, in provincia di Terni. Per chi è interessato, il programma lo si trova qui.
(M.B.)

mercoledì 29 ottobre 2014

Grillo, Casaleggio, coraggio!

di Fabrizio Tringali
Su Renzi qualche cosetta azzeccata l'avevamo detta tempo fa.
Vedremo presto se il PD esploderà e nascerà un partito personale, su misura del premier.
Quel che è certo è che Renzi, nel breve e medio periodo potrà contare su una forza elettorale notevole.
Il ceto politico ne ha preso coscienza e si sta riorganizzando di conseguenza.
Adesso l'ex rottamatore può davvero provare a fare quel che vuole.
Non è detto che ci riesca, ma può provarci, anche passando sopra al Parlamento e quel poco di opposizione sociale che i sindacati stanno mettendo in campo.
E finché proverà a fare le "riforme", finché dimostrerà di avere una qualche probabilità di successo nel riuscire a far carta straccia dello statuto dei lavoratori e della Costituzione, probabilmente troverà una UE non troppo esigente.
L'unica flebile speranza che potremmo avere risiede nel M5S, anzi no. L'unica fiammella ce l'hanno in mano Grillo e Casaleggio. Loro due. 


La forza di Renzi risiede anche nell'inutilità della sinistra politica e nell'astensione (quindi può permettersi di perdere voti "a sinistra" o verso l'astensione, perché nessuna delle cose intacca la sua forza).
Il M5S potrebbe davvero lanciare una mega-campagna di resistenza, cosa che in parte sta già facendo. Ma così come lo sta facendo, probabilmente, non la spunterà. Sono troppe le persone che, legittimamente, non credono né in Grillo, né tantomeno in Casaleggio. Loro due dovrebbero davvero farsi da parte. Ma senza alcuna fuga. Al contrario, dovrebbero essere loro, in pieno spirito di servizio (quello che giustamente chiedono ai loro militanti, che non devono né essere leader, né fare carriera politica), a lanciare un percorso di costruzione di un soggetto politico autenticamente partecipativo e assolutamente, totalmente, inderogabilmente nemico dell'intero ceto politico attuale.
Un soggetto politico che possa ambire a riportare alla politica attiva i tanti che l'hanno abbandonata, disgustati.
Che eviti di raccontare che basta eleggere un po' di parlamentari per far esplodere le contraddizione del sistema e cambiarlo.
Che ambisca a governare, ma che capisca che, al momento, ciò di cui abbiamo bisogno è di una OPPOSIZIONE.
Che sappia assumere posizioni politiche chiare e nette in favore dei ceti medi e popolari, della difesa dei diritti, del territorio e dalla natura, dei beni comuni, dei servizi pubblici.
Che sappia spiegare come queste posizioni siano credibili solo se accompagnate dal pieno recupero della sovranità politica, economica, monetaria. E dall'abbandono dei mercati unici (leggi libera circolazione di merci e capitali), siano essi europei o transatlantici.
Che possa non solo pescare nel bacino elettorale del M5S, ma anche, soprattutto, nell'astensione.
Un soggetto che abbia un nuovo nome (scelto democraticamente), un nuovo simbolo (che appartenga al soggetto politico stesso, non ad una persona), nuovi mezzi di comunicazione (gestiti democraticamente), nuove regole democratiche di gestione interna (in buona parte mutuate dal M5S a partire dal vincolo inderogabile sui due mandati a qualunque livello, dalla rotazione delle cariche interne, dalla rinuncia ai benefit e agli alti stipendi, dalla revocabilità della carica).
Possono essere solo i due fondatori del M5S a lanciare questo percorso, aprendo le porte a tutti gli interessati, impegnandosi a fare un passo indietro definitivo una volta definite le regole e avviato il processo costituente.
Grillo, Casaleggio, coraggio!

mercoledì 22 ottobre 2014

Analisi sospese nel vuoto


Un sito di sinistra radicale, Militant, pubblica un breve post sulla questione della “cessione di sovranità”. L'analisi è ottima, encomiabile per chiarezza, lucidità e sintesi. Ma credo sia ovvio, almeno per i lettori di questo blog, rilevare un problema.“Militant” evita accuratamente di trarre le conseguenze inevitabili della sua analisi: nella situazione descritta, e date le attuali condizioni storiche, è ovvio che il primo obiettivo politico da porsi è quello della riconquista della sovranità nazionale. Ma questo non si può dire, a sinistra, e di conseguenza le ottime analisi di “Militant” restano sospese nel vuoto.
(M.B.)

venerdì 17 ottobre 2014

Siamo sempre lì, solo più poveri

Dopo anni in cui le ricette austeritarie della troika hanno prodotto una devastazione economica e sociale quale probabilmente mai si è vista in un popolo europeo moderno in tempo di pace, la Grecia è sempre sull'orlo del disastro, come ci racconta Fubini su Repubblica. E' ovviamente inutile chiedersi se qualcuno pagherà per tutto questo (a parte il popolo greco, s'intende).
(M.B.)

mercoledì 15 ottobre 2014

venerdì 10 ottobre 2014

Ancora sullo "Sblocca Italia"

Tempo fa segnalavo i rischi del cosiddetto "Sblocca Italia". Varie voci critiche, più autorevoli della mia, sono state raccolte in un libro, "Rottama Italia", liberamente scaricabile dal sito della rivista "Altreconomia".
(M.B.)

mercoledì 8 ottobre 2014

Le idee di Renzi

La strategia di Renzi sembra ormai chiara: offrire a Bruxelles la distruzione dei diritti del lavoro (e, di passaggio, una drastica messa in mora dei controlli democratici sull'azione del governo) in cambio di un allentamento dell'austerità. Ne parla oggi a chiare lettere il Corriere della Sera. Come abbiamo detto più volte, è in sostanza quello che voleva fare Berlusconi, e l'attuale alleanza fra i due non può certo stupire. Non è detto ovviamente che Renzi ce la faccia. Tanto che gira la voce che si stia preparando un prelievo forzoso sui conti correnti. Un'interessante analisi la trovate qui.
(M.B.)

domenica 5 ottobre 2014

La potenza del nemico

Continuo le riflessioni sul “perché la gente non si ribella”. Tempo fa leggevo, dal sito del “Corriere”, un articolo sull'Università, il cui contenuto non ricordo e adesso non è importante. Mi colpì un commento. Si trattava di un precario universitario che lamentava, del tutto giustamente, la propria condizione. Ciò che era interessante era la sua proposta per risolvere i problemi dell'Università e, se non ho capito male, anche quelli dei precari come lui: ovvero, rendere precari una metà degli attuali docenti e ricercatori non precari. Non è importante adesso recuperare quel commento e discutere su cosa intendesse veramente l'autore. La cosa davvero interessante è che esso è un piccolo segnale che permette di capire qualcosa sullo “spirito del tempo”. È chiaro infatti che nessuno, se subisce un'ingiustizia, chiederebbe che essa fosse subita anche da altri. Chi viene derubato in autobus se la prende con la sorte, con la mancanza di sicurezza, magari con gli immigrati, ma difficilmente dichiara che anche gli altri dovrebbero venire derubati. Una donna che subisce violenza chiede che il responsabile sia punito e che le altre donne siano più protette, non che subiscano la stessa violenza. Ma lo stesso vale per chi subisce non una ingiustizia (cioè un danno ingiusto derivante da un'azione altrui) ma una disgrazia non legata a volontà altrui: se qualcuno cade per le scale se la prende con la sfortuna o con la propria disattenzione, magari con il cattivo funzionamento della sanità se viene curato male, ma di certo non chiede che anche gli altri debbano cadere per le scale. In base a queste semplici considerazioni, uno si aspetterebbe che la richiesta di un precario sia quella di non essere più precario, cioè di essere assunto con un contratto a tempo indeterminato. Magari, addirittura, uno si aspetta  che un precario manifesti solidarietà agli altri precari, e chieda quindi che non ci siano più precari, cioè che anche gli altri precari siano assunti. Invece, sorprendentemente, abbiamo un precario che chiede di precarizzare anche chi precario non è. Cosa significa questo? Dalle osservazioni appena fatte, sembrerebbe di capire che la condizione di precarietà non è percepita come una ingiustizia e nemmeno come una disgrazia. Ma allora come viene percepita, da chi fa una proposta come quella citata? Evidentemente, viene percepita come uno stato normale, giusto e benefico per la società (perché rende più efficienti e produttivi, immagino), che purtroppo, per la solita arretratezza del nostro paese, non è distribuito secondo giustizia. Si tratta allora non di combattere la precarietà ma di rendere precario chi se lo merita, chi non è abbastanza produttivo, efficiente e così via. Si potrebbe sollevare qualche serio dubbio sul fatto che chi non è abbastanza produttivo (qualsiasi cosa significhi “essere produttivo”) lo diventi una volta reso precario, ma non è questo il punto. Il punto è, naturalmente,  che chi ragiona in questo modo ha perfettamente assorbito l'ideologia dominante. E non vale, temo, rispondere che si tratta solo di un commento ad un articolo, perché penso si tratti invece della manifestazione particolarmente chiara di un problema di fondo, del fatto cioè  che le vittime condividono i principi su cui si basa il sistema di potere di cui sono vittime. È questa la base vera della  potenza del nemico. Ma se questa è la situazione, è evidente che un peggioramento delle condizioni materiali di vita di per sé  non porta alla ribellione, perché verrà vissuto o come una disgrazia di fronte alla quale arrangiarsi, o come l'esca per una guerra fra poveri. Solo strappando i ceti subalterni dalla loro adesione al pensiero dominante, si può sperare di trasformare il disagio in rivolta. Ma come farlo, non lo sappiamo.
(M.B.)


Questo articolo è pubblicato anche su "Appello al popolo"

mercoledì 1 ottobre 2014

(R)allentamento dell'austerità. E poi?

L'Italia e la Francia dichiarano che, per loro decisioni unilaterale, il raggiungimento degli obiettivi europei in tema di risanamento dei bilanci pubblici è rinviato, se non proprio accantonato. Sono soprattutto i toni dell'esecutivo francese a far pensare a una sorta di "rottura" dell'ordine austeritario fino ad oggi imperante (del resto i conti di Parigi saranno sorvegliati da un delegato di quell'esecutivo).
I prossimi sviluppi di questa vicenda potranno svolgere la funzione di 'test' di validità di due contrapposte teorie: quella che vede le istituzioni europee come padrone degli stati, ben esemplificata qui, e quella che intende le stesse istituzioni come mera emanazione degli esecutivi nazionali (impostazione rintracciabile qui).
Al di là di quest'ultimo aspetto, si può convenire sul punto che i governi nazionali dell'eurozona (e in particolare il "direttorio" costituito dagli esecutivi di Germania, Francia e Italia) stiano cercando di stabilizzare le condizioni dell'eeconomia europea, in modo da prevenire cataclismi paragonabili a quelli occorsi nel 2011. Dunque l'allentamento dell'austerià praticato da Roma e Parigi va messo in parallelo con gli abbozzi di espansione fiscale messi in atto da Berlino, nonché con la politica monetaria iper-accomodante della BCE. I governi nazionali, in questo schema, guadagnerebbero due-tre anni di tempo per "fare le riforme", cioè completare la normalizzazione neo-liberista delle società europee, senza con questo mettere a repentaglio la tenuta dell'eurozona. Non è molto diverso, in fin dei conti, da quanto suggerito da Alesina & Giavazzi.
Questi tentativi avranno successo? La condizione fondamentale è che il PIL europeo torni a crescere, e in maniera abbastanza omogenea, in modo da non lasciare singoli stati in gravi difficoltà. Putroppo, quello di cui i governi nazionali non tengono conto è che ci troviamo, con tutta probabilità, in una fase di Stagnazione Secolare (per chiarire il concetto, qui e qui). Dunque se è plausibile che la stagione dell'austerità si avvii al termine, è probabile che ciò avvenga contemporaneamente al tramonto dell'epoca della crescita.
Se così stanno le cose, tutti i piani dei decisori politici europei sono destinati al fallimento. Fallimento di cui saremo noi a pagare il prezzo. (C.M.)