venerdì 20 luglio 2012

Napolitano ha torto, ma sul conflitto di attribuzioni la Consulta gli darà ragione

di Fabrizio Tringali

Il coro del mainstream è quasi unanime: sulla vicenda delle intercettazioni da parte della procura di Palermo, Napolitano ha ragione.
Solo Il Fatto Quotidiano esce dal coro e dice quel che in realtà tutti sanno: il peggior presidente della Repubblica della storia d'Italia ha torto marcio. Il suo gesto è vergognoso, e sconfessa il lavoro di una delle procure più attive contro la mafia, come quella di Palermo, al solo fine di difendere il presidente stesso e lo stuolo di notabili con cui ha avuto a che fare. Evidentemente in quelle intercettazioni c'è qualcosa che noi non dobbiamo sapere. 

Tuttavia non è necessario essere costituzionalisti per sapere che in Italia, almeno formalmente, la legge è uguale per tutti, non "uguale per tutti tranne uno", sia esso Berlusconi o Napolitano.
E che quindi la procura di Palermo si è mossa nel pieno rispetto della legalità.
Così per difendere l'indifendibile peggior presidente della Repubblica della storia d'Italia, il mainstream offre il meglio di sé nel tentativo di mostrare che il terribile gesto di Napolitano sia effettivamente giustificato dalle leggi vigenti.


Il capolavoro lo fa "la stampa", che cita il testo del decreto con cui Napolitano solleva il conflitto di attribuzioni come se fosse il dettato della legge.
Nell'articolo, infatti, sembra che la frase "le intercettazioni di conversazioni cui partecipa il Presidente della Repubblica, ancorché indirette od occasionali, sono invece da considerarsi assolutamente vietate e non possono quindi essere in alcun modo valutate, utilizzate e trascritte e di esse il pubblico ministero deve immediatamente chiedere al giudice ladistruzione" sia una citazione della normativa sulle intercettazioni. Invece la legge non dice assolutamente nulla sulle intercettazioni indirette (qui c'è il testo)

Tuttavia, se Napolitano ha fatto questa mossa, probabilmente è perché sa già di avere dalla sua la maggioranza della Corte Costituzionale. Che troverà il modo di dargli ragione, sostenendo che la Costituzione e l'articolo 7 della legge del 1989 sanciscono un divieto assoluto (che quindi ricomprende anche le intercettazioni indirette), e che tale divieto è applicabile in via esclusiva al solo Capo dello Stato, escludendo quindi i parlamentari e i membri del governo, per evitare polemiche con la corte berlusconiana, che in ogni caso si sta già sfregando le mani, visto che il gesto di Napolitano, dal punto di vista politico, apre un'autostrada a coloro che vogliono introdurre limitazioni all'uso delle intercettazioni al fine di privare la magistratura di uno dei pochi efficaci strumenti di lotta alla corruzione.

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