martedì 11 febbraio 2014

A tutto c'è rimedio!

Sergio De Nardis, capo economista di Nomisma, la società di analisi economica di Romano Prodi, ha pubblicato un Report che non avrebbe sfigurato su Goofynomics. Prima di addentrarci nella lettura del documento, e di provare a trarne qualche suggestione politica, conviene ricordare che De Nardis non è nuovo a interventi "non ortodossi". Basta leggere alcuni dei suoi ultimi interventi (ad esempio qui, o magari qui) per rendersi conto che le tesi sostenute nel Report non sono un fulmine a ciel sereno. Inoltre, sarebbe consigliabile un po' di prudenza prima di concludere che secondo Prodi bisogna abbandonare l'Euro. In primo luogo non è corretto trasferire le opinioni di De Nardis su quelle del Professore; in secondo luogo Prodi ancora indulge in dichiarazioni di questo tipo. Non traiamo conclusioni precipitose.

Ma poi, De Nardis vuole davvero archiviare l'esperienza eurista? A leggere il documento, parrebbe proprio di no: ad una esposizione "goofysta", e del tutto condivisibile, delle vere origini della crisi degli eurodeboli non segue l'invito a fare a meno della moneta unica. Anzi, si delinea un percorso che dovrebbe portare al salvataggio di quest'ultima.

È vero che "l'aggiustamento competitivo assegnato unicamente alle politiche deflative dei paesi in deficit" viene qualificato come "un processo lungo, rischioso impropriamente sbilanciato". Ma la soluzione non è da trovarsi in una fine della moneta unica, bensì in un "framework più simmetrico per distribuire lo sforzo del riequilibrio anche sui paesi in surplus e rendere meno dolorosa l’azione di correzione dei periferici". Tale framework dovrebbe consistere in una maggiore inflazione, sopratutto nei paesi del centro (Germania in testa). Per raggiungerla, ci vorrebbe uno stimolo di tipo monetario e uno di tipo fiscale: in particolare, quest'ultimo dovrebbe riguardare 
riforme strutturali nei paesi in surplus che, simmetricamente a quelle richieste alle economie in deficit, portino a potenziarne i fattori interni della crescita economica, dando luogo a una più sostanziale spinta della loro domanda domestica e, di conseguenza, a un  contributo più significativo allo sviluppo equilibrato dell’intera area euro.
 E qui il lettore attento dovrebbe ricordarsi qualcosa...

Dato che De Nardis non è un demagogo, egli ci chiarisce quali dovrebbero essere gli strumenti (il "come") per arrivare a un simile risultato. E sono:

  1. L'azione della Banca Centrale Europea, guidata da Mario Draghi, che dovrebbe attuare una politica monetaria espansiva, usando tutti gli "strumenti a disposizione per contrastare la bassa inflazione"
  2. Le altre istituzioni UE, che dovrebbero divenire il teatro di una una "coalizione di interessi in grado di premere per un cambiamento nella direzione di marcia europea". Ciò dovrebbe avvenire in particolare durante il semestre di presidenza italiano del Consiglio dell'Unione (da non confondere con il presidente del Consiglio Europeo). 
  3. Infine l'azione del governo tedesco. Non viene esplicitato, ma mi permetto di insinuare che l'ingresso nel governo di Berlino dei socialdemocratici sia un po' il sottotesto dell'intero Report. I socialdemocratici sono la fazione tedesca più incline a lavorare nell'interesse dell'Unione, e tra non molto il loro ruolo sarà riconosciuto con l'investitura di Martin Schultz a presidente della Commissione Europea. 
Come si vede la gran parte delle responsabilità indicate da De Nardis gravano sulle spalle del ceto politico (e tecnocratico) italiano. Provincialismo? Non è detto.  Paradossalmente, il ceto politico italiano è probabilmente l'unico in Europa in grado di far "ragionare" la Germania (cioè la Bundesbank). Consideriamo i seguenti elementi:
  • l'Italia, pur ospitando alcune tra le regioni economicamente più arretrate d'Europa, è da anni un contributore netto dei Fondi Sociali europei.
  • L'Italia, pur non essendo particolarmente esposta nei confronti delle banche dei PIGS, ha impegnato decine di miliardi di euro nella costruzione del "Fondo Salva-Stati", rendendo così possibile l'intera operazione.
  • L'Italia è l'unico paese ad aver ottemperato ai termini del Fiscal Compact. È l'unico, insieme alla Germania, ad aver inserito il principio del pareggio (o equilibrio) di bilanco in Costituzione, e i suoi conti sono tra i più solidi d'Europa. 
  • L'Italia è l'unico paese europeo a non aver vissuto né una crisi bancaria, né una stagione di grandi "salvataggi" e nazionalizzazioni degli istituti di credito (trucchi contabili esclusi).
  • L'Italia è in grado di far sue le istanze di tutti i debitori della Germania, cioè della maggior parte dei membri dell'Eurozona.
  • L'Italia ha un rapporto privilegiato con la BCE (e pure con gli USA, che male non fa).
  • Last but not least, l'Italia è un gigante economico.
Dunque, l'ipotesi di De Nardis non è affatto peregrina; e il ceto politico italiano potrebbe mettersi alla testa di una coalizione in grado di usare i poteri propri delle istituzioni UE per salvare l'Euro, mettendo in minoranza quelle forze che, in Germania, non intendono cedere di un millimetro dalle posizioni dell'austerità. Nota bene: dell'austerità in Germania, che ad cancellare l'austerità dai paesi del Sud Europa non ci pensa proprio nessuno.

Certo, qualcuno potrebbe giudicare inverosimile un tale quadro. Dopotutto a rappresentare l'Italia in Europa è Enrico Letta. E Letta è un politico debole, privo di consenso popolare, prigioniero dei condizionamenti della sua fragile maggioranza, privo di carisma e di credibilità.

Ma a tutto c'è rimedio! (C.M.)

7 commenti:

  1. "E Letta è un politico debole, privo di consenso popolare, prigioniero dei condizionamenti della sua fragile maggioranza, privo di carisma e di credibilità."

    Oddio, non è che Renzi sia meglio. Il suo carisma è fuffa.

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    1. Ecco, il tuo commento mi fa riflettere sul fatto che negli ultimi tempi non abbiamo insultato abbastanza Renzi ;)

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  2. Il quadro delle proposte di De Nardis assomiglia molto a quello che Bellofiore ha dedotto dai discorsi di Draghi. Che propone un patto per la crescita (investimenti europei) a fianco del Fiscal Compact.
    http://www.controlacrisi.org/notizia/Economia/2012/10/18/27318-mario-draghi-lezioni-di-marxismo-dalla-bce/

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  3. Al di là del fatto che anche la Spagna di Zapatero modificò nel 2011 la Costituzione prima di tornare al voto (sic), la storia secondo cui solo l'Italia e la Germania hanno modificato la Costituzione secondo le prescrizioni del Fiscal compact potrebbe creare fraintendimenti, credo. In fondo si tratta solo di un dettaglio, ma nella vulgata già sta passando l'idea che altrove il Fiscal compact sia lettera morta solo perché non è stata modificata la Costituzione, e di fatto non è così (che invece sia politicamente e socialmente impossibile sostenerne le prescrizioni, Costituzione o meno, pare sia ormai chiaro anche al Pd... mancano Monti, Boldrin e Gabanelli e poi abbiamo fatto filotto).

    "2. Le regole enunciate al paragrafo 1 producono effetti nel diritto nazionale delle parti contraenti al piu' tardi un anno dopo l'entrata in vigore del presente trattato tramite disposizioni vincolanti e di natura permanente - preferibilmente costituzionale - o il cui rispetto fedele e' in altro modo rigorosamente garantito lungo tutto il processo nazionale di bilancio. Le parti contraenti istituiscono a livello nazionale il meccanismo di correzione di cui al paragrafo 1, lettera e), sulla base di principi comuni proposti dalla Commissione europea, riguardanti in particolare la natura, la portata e il quadro temporale dell'azione correttiva da intraprendere, anche in presenza di circostanze eccezionali, e il ruolo e l'indipendenza delle istituzioni responsabili sul piano nazionale per il controllo dell'osservanza delle regole enunciate al paragrafo 1. Tale meccanismo di correzione deve rispettare appieno le prerogative dei parlamenti nazionali."

    Se hai tempo e voglia, potresti spiegarci tecnicamente la differenza negli effetti tra legge di modifica costituzionale e legge organica?

    grazie

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    1. In linea di principio le leggi organiche sono leggi approvate con un procedimento aggravato rispetto a quello ordinario. Da un punto di di vista contenutistico dovrebbero essere leggi che illustrano i principi generali di una certa materia. Ne possono essere esempi da un lato la legge che indisse il referendum di indirizzo del 1989; dall'altro lo Statuto del Contribuente del 1999 (o giù di lì).
      Bene, dunque anche la Spagna ha ottemperato esattamente ai termini del trattato. Non ho capito bene il senso del rilievo: se lei dice che la mancanza di una riforma costituzionale (nel senso del pareggio di bilancio) nei paesi che lo hanno adottato non priva di efficacia il trattato stesso dice qualcosa di ineccepibile. Altrimenti non so.

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    2. Dammi pure del tu. Figurati, non voleva essere né una polemica né un rilievo critico nei tuoi confronti: diciamo che ho "approfittato" del tuo argomento sull'Italia che a differenza delle altre colonie dell'impero ha fatto "tutti i compiti a casa", per approfondire sul tema delle riforme costituzionali. Anche se ai fini pratici le prescrizioni del Fiscal compact rimangono vincolanti a prescindere dal rango della legge, rendere l'informazione più completa non penso sia del tutto inutile.

      Ho considerato le prime quattro economie dell'Ue (escludendo Uk che non ha ratificato il Trattato) perché inevitabilmente indicano la tendenza generale. Per dire: la Francia ha preteso (e ottenuto) in sede negoziale di stesura l'opzione di introdurre le prescrizioni del Fc nel proprio ordinamento tramite legge inferiore al grado costituzionale ("Loi organique relative à la programmation et à la gouvernance des finances publiques"), proprio per non vincolarsi nel lungo periodo alle attuali contingenze storiche ed economiche (una via più veloce per abrogarla qualora si presentasse l'occasione di uscire dall'euro).

      Invece i paesi sotto schiaffo nel 2011 hanno seguito la "regola aurea" della rigidità costituzionale, dato il loro potere contrattuale nullo (nell'euro), dettata loro dai "postini" di Berlino e Francoforte. Però necessitando anche di una legge che rendesse "operative" le prescrizioni del Fc costituzionalizzato, sono state lasciate aperte delle vie di fuga: nel caso tedesco la legge di attuazione è stata rimandata in Commissione al Bundesrat, probabilmente in attesa della legge sul salario minimo come da accordi, mentre a fianco del parlamento italiano non è stato ancora creato l'Ufficio parlamentare di bilancio (pag. 343 - l'istituto tecnocratico "indipendente" che dovrebbe imporre le correzioni di finanza pubblica agli "eletti").

      Il più sarà levare quella porcata dalla Costituzione ma paradossalmente andrebbe riconsiderata la posizione della Francia: si è già vincolata a tagli di spesa e aumenti di tasse automatici ben più di quanto abbia fatto la stessa Germania. Il compagno Hollande è sempre il più astuto...

      PS_La verità è che speravo DAVVERO che fosse il popolo francese a liberarci dalle catene dell'euro, e quindi mi sono informato in tal senso. Ingenuo...

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